Con la sentenza 10 febbraio 2025 n. 1071, il Consiglio di Stato ha riaffermato che i Comuni limitrofi possono impugnare provvedimenti autorizzativi di opere ad elevato impatto ambientale anche quando il danno lamentato è solo potenziale. Non occorre dimostrare la “certezza” o l’“attualità” del pregiudizio: è sufficiente prospettare, in modo plausibile, possibili ripercussioni negative sul proprio territorio.
Nella vicenda, alcuni Comuni laziali avevano contestato l’ok regionale a una piattaforma per la valorizzazione dei rifiuti marini e lo stoccaggio delle frazioni non riciclabili, evidenziando il pregio ambientale dell’area e la presenza di siti sensibili. Il Collegio ha riconosciuto la loro legittimazione attiva, richiamando un orientamento consolidato (Cons. St., IV, 3504/2023; Cass. SS.UU. 640/2022) secondo cui l’azione in materia ambientale tutela interessi diffusi e travalica i confini amministrativi.
Il principio rafforza gli “ampi poteri di reazione” delle amministrazioni locali nelle procedure di localizzazione degli impianti potenzialmente inquinanti: la sola vicinanza territoriale, unita a un rischio ragionevolmente ipotizzato, basta per aprire le porte del giudice amministrativo.