L’inclusione di un terreno dentro il perimetro di un Sito di interesse nazionale (SIN) è un vero vincolo ambientale che incide sull’uso dell’area (anche ai fini edilizi) e attiva le procedure del Titolo V, Parte IV del Codice dell’ambiente; per questo non può essere disposta in modo arbitrario, ma deve poggiare su indizi “di sufficiente gravità” e su una motivazione che spieghi il percorso logico seguito dall’amministrazione. Lo ha ribadito il Consiglio di Stato, sentenza 21 luglio 2025 n. 6417, che – nel caso esaminato – ha annullato il decreto ministeriale di perimetrazione nella parte in cui includeva i terreni del ricorrente senza confutare analisi che attestavano l’assenza di contaminazione.

Il Collegio richiama il quadro del D.Lgs 152/2006: la ricomprensione in SIN equivale al verificarsi di un evento potenzialmente idoneo a contaminare il sito e fa scattare gli adempimenti ex art. 242 (dalla caratterizzazione agli eventuali interventi), ragione per cui la scelta perimetrale deve essere puntualmente motivata e ancorata a evidenze, non a presunzioni generiche.