Le acque meteoriche che, nel dilavare superfici aziendali, entrano in contatto con sostanze inquinanti perdono la loro natura originaria e devono essere qualificate come reflui industriali, con conseguente obbligo di autorizzazione allo scarico. Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la sentenza 33646/2025.
Secondo i giudici, rientrano nella nozione di “acque meteoriche di dilavamento” quelle derivanti da precipitazioni atmosferiche che scorrono sulle superfici senza evaporare o infiltrarsi nel suolo. Tuttavia, quando tali acque si contaminano a causa dell’attività produttiva, diventano veicolo di sostanze inquinanti verso il corpo ricettore e cessano di essere considerate semplici acque meteoriche.
In questi casi, lo scarico è soggetto alla disciplina dei reflui industriali prevista dal Codice ambientale e richiede una specifica autorizzazione. In assenza di titolo abilitativo, lo scarico configura un illecito penale ai sensi dell’articolo 137 del D.Lgs 152/2006.

Applicando tali principi, la Cassazione ha ritenuto legittimo il sequestro di un’area aziendale utilizzata per la manutenzione e riparazione di imbarcazioni, nella quale le acque piovane contaminate dai residui di lavorazione venivano scaricate in pubblica fognatura senza autorizzazione.