Nel procedimento di rinnovo dell’autorizzazione per un impianto di trattamento rifiuti, l’amministrazione può legittimamente verificare se l’attività risulti compatibile con la disciplina urbanistica e ambientale sopravvenuta. Lo ha chiarito il Consiglio di Stato con la sentenza 25 settembre 2025, n. 7532, pronunciandosi sul rinnovo di un titolo rilasciato ai sensi dell’articolo 208 del D.Lgs 152/2006.
I giudici osservano che il Codice dell’ambiente non stabilisce espressamente se, in sede di rinnovo, l’ente competente debba o possa effettuare un nuovo controllo di compatibilità. Tuttavia, una lettura sistematica della normativa ambientale porta a riconoscere alla pubblica amministrazione la facoltà di valutare la coerenza dell’impianto con le norme urbanistiche e ambientali intervenute nel tempo, proprio perché si tratta di attività potenzialmente inquinanti.
Secondo il Collegio, nel bilanciamento degli interessi non rilevano solo le esigenze della produzione economica, tutelate dall’articolo 41 della Costituzione, ma anche – e in modo non recessivo – la tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale, richiamata dall’articolo 9 della Costituzione. Ne consegue che il rinnovo non è un atto meramente ricognitivo: l’amministrazione può riesaminare il contesto normativo e territoriale e, se necessario, adeguare o negare il titolo in funzione delle nuove regole poste a presidio dell’interesse pubblico ambientale.